L’esperienza educativa e didattica attiva nelle aree cerebrali la costruzione di nuove connessioni fra neuroni oltre a rafforzare quelle già esistenti. Alcuni di questi link sono programmati geneticamente e uguali per tutti, pensiamo ai centri che regolano sonno, fame, respiro, ma altri, legati alla logica, al linguaggio e ai sentimenti, sono determinati dall’interazione con l’ambiente e dagli stimoli educativi e didattici. Ci sono atteggiamenti, situazioni, parole competenti ed emotive che stimolano in modo mirato i circuiti neuronali maschili o femminili. I quali, come confermano le neuroscienze, sono profondamente diversi. Se n’è parlato con insegnanti, presidi e giornalisti durante l’incontro:
Neuroscienze e didattica per educare i bambini alla felicità. Esperienze e progetti a confronto.
All’incontro coordinato da Enrico Banchi, partner & director della Scuola di Palo Alto e dalla giornalista Maria Angela Masino hanno partecipato:
- Marcello Bramati, vicepreside licei Argonne (Faes) e professore di lettere;
- Renata Cirina, coordinatrice Scuola dell’Infanzia e Progetto Lingue, Collegio San Carlo;
- Sandra Favi, Preside Liceo Scientifico Cocchetti;
- Paolo Girola, Direttore del Settimanale Il Nostro Tempo di Torino, ex Capo redattore Rai;
- Francesca Granata, direttrice Scuola dell’Infanzia Leopardi;
- Terry Haywood, Head Master Scuola Internazionale di Baranzate;
- Diego Mortalò, insegnante Collegio San Carlo; Vittorio Emanuele Orlando, Direttore di Focus Junior;
- Donatella Volonté, Preside Liceo artistico Orsoline.
Neuroscienze e didattica per educare i bambini alla felicità. – Gli interventi
Enrico Banchi
Difficile in italiano tradurre la parola felicità che non è benessere tout court, bensì solidità, capacità di vivere i problemi non come impedimenti, ma come sfide. La positività mette in circolo nel sistema nervoso più dopamina, il neurotrasmettitore che regola desiderio e determinazione innescando i centri dell’apprendimento, regola la serotonina che diffonde senso di piacere e serenità. Questa felicità è precursore del successo: una mente positiva è più veloce nel prendere decisioni, riesce ad avere maggiori connessioni sociali. La corteccia pre-frontale di chi è positivo lavora al meglio, produce idee e possibilità. Ma proprio quest’area cerebrale, sede dei centri deputati alla pianificazione negli adolescenti è in fase di maturazione. C’è poi la tempesta ormonale di genere. Le ragazze, influenzate soprattutto da estrogeni e ossitocina ormoni più “affettivi”, sono soddisfatte, felici, quando vivono un’intensa vita sociale. I ragazzi, invece, sotto l’influenza del testosterone stanno bene con loro stessi se vincono una gara. Senza cadere nel determinismo e nel “fatalismo” del tutto già programmato in chiave neurobiologica è però importante tener conto di queste differenze quando si insegna. Mediare non è facile. Uno dei più importanti veicoli di “felicità” a scuola è il linguaggio che dovrebbe essere declinato il più possibile al maschile e al femminile. Molte espressioni di noi adulti, vedi le classiche “basta, smettetela di fare caos pronunciate urlando” rischiano di incrementare la produzione di cortisolo e adrenalina nei ragazzi già super-eccitati dagli ormoni maschili mentre enfatizzano le percezioni di paura nei centri cerebrali femminili.
Marcello Bramati.
Tra tutte le differenze con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno la prima e più immediata è quella di genere. La modalità con cui il genere ossia il modello che definisce l’essere ragazzi o ragazze viene trasmesso nei processi formativi è preziosa per la costruzione della nostra identità. Questa appartenenza è spesso data per scontata mentre è importante nel processo di crescita essere consapevoli dei comportamenti, dei gesti, delle parole che derivano dall’essere maschi o femmine. Per rispondere a queste diverse esigenze Faes, la scuola in cui lavoro, ha scelto di operare utilizzando le classi omogenee, femminili e maschili calibrando il programma secondo i diversi punti di vista. Punto di forza della nostra attività didattica è il docente tutor, una figura professionale che fa parte del consiglio di classe e che si occupa di alcune famiglie. Il tutor ha, tra i diversi compiti quello essenziale di rendere efficace, proficuo e sereno il rapporto che sussiste tra la famiglia, l’alunno e la scuola attraverso la sua professionalità, il dialogo, i consigli metodologici, la compilazione di planning, il confronto con il ragazzo, il dialogo con i colleghi e la comunità di studenti.
Renata Cirina.
L’interazione, la collaborazione maschi-femmine può favorire la corretta maturazione dei ragazzi e delle ragazze. Entrambi, qualche volta, potrebbero beneficiare di pedagogie differenziate, ma devono soprattutto crescere insieme per imparare a collaborare. Le ragazze maturano pima, ma se la loro maturità è correttamente gestita può favorire le relazioni in classe anziché inibirle. Importante organizzare gruppi in cui si favorisce il lavoro comune e condiviso, lavorando su progetti, sull’elaborazione di attività creative in cui razionalità ed emotività si integrano. Focalizzare l’attenzione sulle immagini può davvero essere un percorso didattico da battere per favorire la cooperazione.
Sandra Favi.
Le nuove tecnologie possono costituire un trait d’union interessante per stimolare e favorire la collaborazione e la “felicità” dei ragazzi e delle ragazze. Tablet e app permettono di integrare intelligenza razionale, fantasia, creatività e favoriscono la collaborazione maschi-femmine, ma in autonomia. E’ possibile, per esempio, collegando l’iPad alla lavagna commentare una frase di narrativa con un’immagine, un suono, una foto che risponde in tempo reale al desiderio di approfondimento logico o emozionale, maschile o femminile.
Paolo Girola.
Complicato parlare di felicità, educazione e attività cerebrale al maschile e al femminile. Con il progresso, con le nuove scoperte scientifiche comprese quelle che riguardano il corpo umano doveva arrivare la felicità, ma così non è stato! Forse perché associamo la parola felicità a edonismo, piacere, benessere. Secondo me, invece, siamo felici riusciamo a fronteggiare la disperazione esistenziale, troviamo metodi e formule per superare le difficoltà. A scuola bisognerebbe lavorare su questo, aiutando i ragazzi ad andare oltre i problemi che, se correttamente gestiti, ci rendono più forti.
Francesca Granata.
Oggi i bambini hanno tante cose, ma molte volte manca loro il sorriso di qualcuno che li accoglie con gioia. Attenzione, sto parlando di sorriso vero, non forzato perché i bambini non si lasciano ingannare. Ed è proprio questo “sentirsi sorrisi” a fare la differenza, a dare la forza per vivere la sfida più grande a scuola che è quella della relazione, del confronto, della condivisione. Il sorriso sottoscrive fin dal primo giorno un vero e proprio “contratto” con i ragazzini: è come se si garantisse loro che noi insegnanti non li faremo mai sentire soli, incompresi.
Terry Haywood.
Generare emozioni è fondamentale per favorire l’apprendimento. In genere, le emozioni positive attivano un alto livello di coinvolgimento e di interesse e ciò favorisce il raggiungimento di ottimi risultati. La scuola deve essere un luogo sicuro in cui il giovane si sente a proprio agio e può crescere scoprendo il mondo e se stesso senza timori. Per alcuni ragazzi, che vivono situazioni di disagio, l’istituzione scolastica rappresenta l’unico porto sicuro nella loro pur giovane vita. Ma la felicità può essere un diritto ? E se rispondiamo di sì, come deve agire la scuola ? Che tipo di ambiente dovrebbe creare per incoraggiare rapporti inter-personali che riflettano i valori che vuole trasmettere? Che pedagogia va consigliata per stimolare e coinvolgere gli alunni sia maschi sia femmine come protagonisti attivi nel loro apprendimento?
Vittorio Emanuele Orlando.
Ritengo che sia il gioco a creare continui interscambi fra intelligenza emotiva più “femminile” e intelligenza competitiva, più “maschile”. Sono tanti i modi giocare che ampliano il campo della percezione dei bambini di entrambi i sessi offrendo una base solida e ricca per lo sviluppo dell’intelligenza. Molto interessanti sono tutti i giochi che coinvolgono i cinque sensi, che attivano la memoria, che insegnano a scoprire, riconoscere, cercare, comunicare… Il mio giornale Focus Junior cerca proprio di mediare e di proporre divertimenti della mente che stimolano sia i maschi sia le femmine in quella difficile fascia d’età che comincia intorno agli otto-dieci anni.
Diego Mortalò.
Sarebbe più corretto smorzare i toni, lavorando sulle immagini positive che possono creare un clima di conciliazione e non di conflitto. Perennemente presente in classe l’immagine costituisce un valore aggiunto nell’ambito dei discorsi, consente di avvicinarsi e comprendere fenomeni complessi, apre la strada a diversi stili di comunicazione. Fotografia, grafica, pittura, fumetto favoriscono l’espressività al maschile e al femminile, attivano la ricerca di senso, consentono di “decentrarsi”, di uscire dalla propria specificità di genere. Certo ci sono differenze irriducibili fra bambini e bambine, ma è valorizzando le specificità di ogni persona che si esce dalla contrapposizione: il lavoro con le immagini consente proprio questo. Permette di rivolgersi a singoli ragazzi con le loro personali caratteristiche. In questo clima l’interazione maschi-femmine può favorire una corretta competizione che contribuisce a favorire la maturazione dei circuiti cerebrali di entrambi.
Donatella Volontè.
Mi aggancio alle parole del prof. Mortalò e sottolineo che soprattutto nella mia scuola, un liceo artistico, il linguaggio per immagini davvero consente di favorire la cooperazione maschi-femmine. Certo è difficile svolgere lezioni di matematica o chimica con le visualizzazioni, ma in moltissime altre materie mettiamo in campo progetti didattici con le immagini in questi ambiti i ragazzi e le ragazze propongono apporti creativi differenti. La visualizzazione, l’interpretazione iconografica, la creazione di immagini permettono una reale collaborazione fra diverse competenze e dimostrano quanto sia importante tener conto della differenza di genere nel processo educativo. Ma non per escludere o creare sotto-linguaggi ma per attivare inclusioni, modi di operare condivisi, interessanti, preziosi per i ragazzi e per le ragazze.
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