Il Sistema di Attaccamento può definirsi un dialogo d’amore a doppio senso di marcia fatto di coccole, sguardi, sorrisi,
parole dolci quello tra genitori e figli, tra figure di accudimento (caregivers) e bambini.
Ed è questo legame a mettere le basi per costruire una personalità felice. Felice nel senso di sicura, capace di relazionare, esplorare il mondo, affrontare le difficoltà, trasformandole in esperienze positive. Potersi “aggrappare” alla madre quando si muovono i primi passi, rifugiarsi nel suo abbraccio quando siamo caduti, sorridere e ricevere sorrisi sono schemi di comportamento che incidono sull’evoluzione della personalità di un individuo.
Dalla nascita in poi caregiver e bambino finiscono col sintonizzare sempre più i loro comportamenti in un vero e proprio sistema di “elaborazione biologica delle informazioni”: nella vita adulta queste matrici neurali diventano script che guidano le nostre relazioni.
In mancanza di figure di attaccamento che rafforzano la fiducia i bambini non acquisiscono una consapevolezza fondamentale: quella di sapere che l’amore ci spetta di diritto come respirare, mangiare. Quando si stabiliscono relazioni sicure, empatiche, di accudimento i bambini imparano a entrare in intimità, a essere empatici per poi coinvolgere gli altri nei propri sentimenti positivi.
Un gioco di “riflessione” emozionale che ha la sua base nei neuroni-specchio, in grado di attivare un continuo scambio con i nostri interlocutori. La certezza di essere amati si traduce in accettazione di sé, amore e considerazione per gli altri, ed è quindi una componente essenziale della felicità.
Due le cose da tener presenti.
E questa “resilienza” persisterà anche quando saranno adulti. Dalle prime interazioni emotive non traggono origine solo i pensieri, ma anche le regole di comportamento, ciò che è giusto, ciò che è sbagliato. Si acquisisce la capacità di comprendere i sentimenti degli altri e di curarsi di come gli altri si sentono nell’interazione con noi.
Il legame si rafforza attraverso la formazione di un codice comunicativo tra il bambino e chi lo accudisce e gli effetti della positività o di qualche carenza in questo rapporto si riscontrano già dal primo e secondo anno di età.
Tanto che in questa fase, nel sistema di attaccamento, si possono stabilire quattro grandi tipologie di attaccamento in base al modo in cui i bambini reagiscono alla separazione della loro figura di accudimento principale.
C’è l’attaccamento sicuro: il bambino esplora l’ambiente, gioca con serenità, quando la madre esce è inquieto, ma al ritorno si tranquillizza e si lascia coccolare e rassicurare.
Seguono l’attaccamento insicuro-evitante e l’insicuro ambivalente.
La differenza tra i bambini che riescono a regolare i loro stati d’animo e quelli che non riescono e per i quali la più piccola frustrazione è destabilizzante risiede nella capacità di padroneggiare le emozioni.
Se è infastidito può produrre uno sguardo, un gesto, un rumore. Importante che la figura di accudimento risponda con un gesto, un sorriso che significa capisco, “sono qui”. Se un bambino non è abituato a impegnarsi in queste interazioni armoniose non si aspetta che le sue emozioni provochino una risposta, di conseguenza rischiano di rimanere isolate e di produrre un effetto di amplificazione.
I bambini a cui è mancata questa sicurezza a volte reagiscono con eccitazione, rabbia. Un modo per richiamare l’attenzione, per farsi sentire.
Abbiamo visto che la sicurezza è di vitale importanza per un bambino, ma come può svilupparsi? Prestando una giusta attenzione ai suoi bisogni, alle sue opinioni e desideri, comunicandogli che cosa ci aspettiamo da lui, mostrando interesse per ciò che fa.
È allarmante, per un bambino, soprattutto piccolo, avere la sensazione che gli adulti da cui dipende non si curino di lui.
Il che non vuol dire che si debba essere assillanti o iperprotettivi: nel corso della crescita un bimbo acquista una crescente autonomia imparando a fronteggiare le difficoltà e trovando soluzioni ai problemi. Inoltre è bene che specialmente con i più grandicelli, gli adulti siano plastici abbastanza da riconoscere, di tanto in tanto, i propri errori.
Il bambino si sente rispettato e a sua volta prova rispetto per gli adulti ascoltandoli quando esprimono pareri o valutazioni.
Giocando i bambini fanno esperienze che servono alla crescita fisica e psichica: esplorano, imparano, esprimono, socializzano, comunicano, risolvono problemi, si mettono alla prova, si sentono liberi.
Giocare significa anche disporre di uno spazio mentale che consente alle cose di accadere, ecco perché i bambini troppo ansiosi possono avere difficoltà a giocare: sono troppo insicuri per esplorare il mondo a modo loro!
Un bambino che sta bene, che non è in preda all’ansia o al dolore, che sa di essere amato, non ha bisogno di essere continuamente intrattenuto: può, anzi, permettersi di annoiarsi, di non preoccuparsi di ricevere continue attenzioni.
Tenere presenti questi «ingredienti» è utile, ma è anche importante sentirsi a proprio agio con i figli, stare bene insieme perché se gli adulti sono contenti anche i bambini lo sono. E viceversa.
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Grazie Marco per questo articolo per me “riepilogativo”. Ho seguito i tuoi corsi a scuola a Milano negli ultimi due anni e trovo i tuoi spunti di riflessione sempre interessanti e di grande aiuto. Complimenti a te e al tuo team.
Grazie a te Elena di seguire cosi appassionatamente il nostro percorso! Ricevere una riflessione sentita come questa è “benzina per il motore” di Educare i Bambini alla Felicità. Grazie di cuore!