Educare i Figli: Regole e famiglia.

  • Postato da: Marco Masella

L’educazione dei figli è uno degli aspetti che maggiormente impegnano e preoccupano i genitori.

Ogni giorno incontro bambini che trovano enormi difficoltà nel rispettare semplici regole di comportamento o che, comunque, hanno un atteggiamento poco consono alla loro età.

Ogni giorno incontro genitori che vorrebbero educare i figli meglio, ma non sanno come fare.

Alcuni genitori hanno la tendenza a pensare che i propri figli siano dei piccoli geni, attribuendo loro capacità intellettive e di apprendimento che, in realtà, non gli appartengono. Un vocabolario ricco di parole anche difficili, la capacità di memorizzare moltissime informazioni o la grande dimestichezza che ora i bambini hanno con la tecnologia ci fa credere di avere di fronte un futuro Einstein.

educare i figliTale convinzione ci trae in inganno e ci porta a parlare con loro come parleremmo ad un adulto, pensando che siano in grado di capire ed elaborare nella loro giovane – e non del tutto formata – corteccia prefrontale (la parte del cervello coinvolta nella capacità di prendere decisioni ponderate e responsabili), concetti che arriveranno molto più in là nel tempo quando la corteccia prefrontale sarà sviluppata appieno (cosa che avviene in età adolescenziale).

Quindi, quando dobbiamo sgridare nostro figlio di 5 anni perché mette le dita nella presa di corrente un “no, non si fa!” detto con tono fermo e perentorio, è molto più efficace di una lunga spiegazione sul perché farlo è pericoloso.

Tutti i bambini ormai sanno usare tablet e smart phone, ma non perché siano dei geni, semplicemente perché sono delle spugne:

  • Osservano gli adulti
  • Ne riproducono fedelmente le azioni.

Se mio figlio mi vede utilizzare ogni giorno il telecomando della televisione imparerà a sua volta ad usarlo semplicemente imitando i miei gesti.

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Ricordate due cose fondamentali e molto importanti:

  1. I bambini imparano le regole che noi gli insegniamo
  2. I bambini apprendono per imitazione

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É il nostro sistema di valori a dettare le regole che daremo a nostro figlio, l’idea che abbiamo di ciò che è bene e ciò che non lo è. È attraverso le regole che impostiamo la sua educazione e se siamo capaci di essere fermi nel dettarle state certi che faremo del nostro bambino un adulto che condividerà i nostri stessi valori.

Per insegnare una regola non vi è modo migliore che seguire la regola stessa, cioè comportarci esattamente come vorremmo che si comportasse nostro figlio. Questo perché i bambini imparano moltissimo attraverso l’imitazione dei nostri gesti, dei nostri comportamenti. Se vogliamo che nostro figlio sia un bambino rispettoso degli altri e del mondo che lo circonda iniziamo ad esserlo noi per primi; se vogliamo che non dica parolacce non diciamole. L’esempio molto spesso vale più di mille regole.

Tuttavia non credo esistano genitori che non abbiano mai sperimentato l’esperienza del capriccio o del rifiuto della regola e a volte il capriccio è così insistente e prolungato che sfiniti cediamo.

Nella maggior parte dei casi si tenta, quindi, di cercare di dare delle spiegazioni ragionevoli al bambino senza ottenere alcun risultato.

Questo avviene perché il bambino non capisce il significato delle regole.

 

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Educare i figli: il pericolo della sopravvalutazione

Per un bambino comprendere il significato delle regole è uno sforzo improbo. Si tratta di un concetto molto alto a livello cognitivo e il bambino non ha ancora le capacità necessarie per comprenderlo.

Spesso è proprio il linguaggio corretto e forbito di molti dei nostri piccoli a trarci facilmente in inganno, ma in realtà stiamo correndo il rischio di sopravvalutare le sue capacità.

Un bambino che parla particolarmente bene non ha necessariamente gli strumenti per comprendere appieno ciò che noi adulti tentiamo di spiegargli. Il suo linguaggio è il risultato dei suoi meccanismi uditivi.

È indubbio che più i bimbi ascoltano, prima e meglio parlano, come lo è il fatto che un neonato italiano che si trasferisce in Cina imparerà perfettamente la lingua cinese. Questo avviene perché la sua corteccia uditiva è in grado di percepire ogni genere di suono e di farlo proprio.

Per esempio, il fenomeno del bilinguismo è la dimostrazione pratica di quanto il cervello di un bambino sia estremamente plastico e capace di assimilare senza alcuna difficoltà due lingue contemporaneamente. Del resto tutti siamo un po’ bilingue, in quanto conosciamo e comprendiamo correttamente sia la lingua italiana che il dialetto della città dove siamo nati. Ma attenzione, questa capacità inizia a diminuire verso i sette/otto mesi di vita, per questo una seconda lingua dovrebbe essere insegnata possibilmente già dal nido, quando il meccanismo “dell’apprendimento uditivo” avviene in maniera naturale.

I bambini bilingue non sono più intelligenti di altri come non lo sono i bambini che utilizzano un linguaggio forbito e soprattutto ciò non implica necessariamente che abbiano capito ciò che gli stiamo spiegando, ma, piuttosto, che hanno ricevuto innumerevoli stimoli e che li hanno assorbiti senza, in realtà, averli metabolizzati. Come dicevo, il livello evolutivo della comprensione si sviluppa molto più lentamente rispetto al linguaggio che i piccoli riescono ad usare e quando anche avessero capito non riescono a richiamare l’informazione subito.

Va poi, considerato un altro aspetto nell’educare i figli, legato ad un meccanismo tipico del piccolo, ma più in generale, dell’essere umano.

Il bambino è estremamente legato al senso del piacere: ciò che gli piace è bello.

Questo meccanismo è proprio dell’essere umano e nei piccoli è particolarmente sviluppato.

Trasgredire a una regola per lui è un gioco divertente, gli provoca piacere, perciò, secondo il suo punto di vista, vale la pena farlo.

Trasgredire una regola è anche un modo che mettono in pratica per misurare la loro forza nei nostri confronti, quanto possono spingersi nell’opporsi dimostrando la propria autorità e autonomia.

 

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Educare i figli: una frase ricorrente

“ Non mi ascolta! Sembra che lo faccia apposta per farmi arrabbiare”

I bimbi molto piccoli non sono in grado di comprendere il significato di certe parole, ma colgono perfettamente il tono della voce e la mimica del viso e del corpo. Facciamo tesoro di questa informazione quando dobbiamo educare i nostri figli!). Inizialmente non saranno in grado di capire il significato della parola NO, ma se me lo sentiranno dire in tono fermo e deciso e con uno sguardo serio capiranno immediatamente che devono fermarsi perché quello che stanno facendo non va bene.

Ricordiamoci sempre, però, che nel momento in cui tento di imporre il mio punto di vista al bambino non ho necessità di gridare.

Questo perché un tono di voce troppo alto lo infastidisce, lo fa innervosire. Questo fenomeno si chiama “re-bound“, cioè effetto rimbombo.

Se un suono gli rimbomba nelle orecchie il piccolo non sarà più in grado di ascoltare e di afferrare il senso delle mie parole.

Educare i figli: la regola non è comprensione, ma addestramento.

Se inseguiamo nostro figlio per casa ripetendogli continuamente che questo non si tocca quello non si fa, il piccolo vedrà il nostro comportamento come un gioco e nel momento in cui perderemo la pazienza e lo sgrideremo la sua reazione sarà spropositata, perché si sentirà privato del suo gioco, di qualcosa per lui molto piacevole. E da qui pianti assordanti, capricci e grida… e non c’è cosa che mandi più in crisi un adulto del pianto di un bambino.

Questa crisi è causata fondamentalmente dal fatto che abbiamo una tendenza ad attribuire al pianto un significato del tutto negativo: lo consideriamo una forma di sofferenza. Esistono cinque o sei tipi diversi di pianto, ma l’unico che ci deve veramente preoccupare è quello di dolore, tutti gli altri sono quelli che si è soliti definire “pianti a sirena”, esplosioni neurologiche del bambino che possono essere sintomo di stanchezza e non certo di sofferenza.

 

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I Sensi di colpa nell’educare i figli

Quando i bambini hanno degli atteggiamenti particolarmente irrequieti può subentrare in noi genitori il senso di colpa: “Mio figlio si comporta così perché ho poco tempo per lui”.

Questo senso di colpa è il risultato della nostra cultura occidentale: siccome ho poco tempo da dedicargli quando sto con lui gli concedo tutto.

In realtà l’importante è la qualità del tempo che gli dedico non tanto la sua quantità.

A maggior ragione, questo non può diventare una scusa per permettergli di fare quello che vuole, di trasgredire alle regole. Le regole ci sono, vanno fatte rispettare dai genitori senza cedere alle pressioni dei bambini e senza inibirli completamente.

Questa è la cosa più importante: non bisogna cedere al pianto e alle crisi isteriche dei bambini, perché quello non è altro che il loro modo per esprimersi e, sicuramente, non un sintomo di reale sofferenza.

 

Autore: Marco Masella
Marco Masella Presidente della Scuola di Palo Alto, Padre e promotore di Educare i Bambini alla Felicità.

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