Camminare e scrivere: aiutiamolo giocando

  • Postato da: Marco Masella

Fin dalle prime settimane i piccoli guardano, ascoltano e cercano di comunicare alla mamma “quel che pensano” mormorando, piangendo, respirando. Come noi adulti esprimono esigenze e sentimenti, benessere e malessere con la voce, i gesti, lo sguardo, il movimento. Tutto, ricordiamolo, passa attraverso i cinque sensi.

Lo sviluppo del sistema visivo inizia nell’utero, ma è solo attraverso la continua e corretta stimolazione dopo la nascita che la vista raggiunge la piena maturità.

Appena nato un bimbo è in grado di mettere a fuoco ad una distanza di 20 cm, così può concentrarsi sul volto della mamma e del papà. Nei primi mesi pian piano l’asse occhio-cervello si svilupperà in base alla continua stimolazione ricevuta.

Il suo cervello, una siepe con tante foglie

educare i bambini 2I primi anni di vita del bambino sono fondamentali: alterazioni dell’apparato visivo in questa fase possono condizionare, anche in maniera notevole, il suo sviluppo psicomotorio.
È molto importante fornire al neonato diversi stimoli, senza sovraccaricare i suoi circuiti. Quasi tutti i neonati sono molto interessati all’osservazione dei volti, ai pupazzi in bianco e nero e non a colori, come spesso erroneamente si crede, amano osservare le luci, le finestre attraverso le quali filtrano i raggi del sole.

Circa i suoni possiamo dire che i piccoli reagiscono ai rumori forti nei primi tre mesi battendo gli occhi e dopo i quattro mesi voltandosi verso la fonte che ha prodotto il suono. Ma quei rumori che sono già entrati a far parte del bagaglio di esperienze del bambino man mano vengono riconosciuti, percepiti come familiari.

E il cervello, grazie alle continue stimolazioni uditive, visive, tattili crea nuove strutture e diventa come una siepe ricca di foglie.

Facciamogli largo

Verso gli otto mesi circa il bambino compie una delle più grandi rivoluzioni della sua vita: quella di spostarsi da solo.

Da seduto comincia a muoversi autonomamente e lo fa come un cane, un gatto. Spende tutte le sue forze per mettersi a quattro zampe, gomiti e ginocchia per terra, per partire alla sua prima grande esplorazione del mondo. Questa tappa rappresenta una conquista anche psicologica: separarsi autonomamente dalla mamma con tutti i dilemmi, le paure, le speranze che quest’esperienza comporta non è cosa da poco.

Un’avventura piena di insidie che il piccolo di circa otto mesi intraprende traballando a quattro zampe. Seguono poi i primi passi, anche se non tutti attraversano la fase del gattonamento.

E se il nostro baby non gattona è scorretto entrare in allarme: non c’è alcun nesso tra questa acquisizione e le abilità motorie successive. Tanti piccoli passano direttamente al cammino.

Mamma non può prenderti in braccio

Quello dei primi passi è un momento, da un lato esaltante e dall’altro destabilizzante per la famiglia.

È in questo frangente che i genitori devono puntare al difficile equilibrio tra concessioni e divieti; alla mediazione tra emancipazione e dipendenza, protezione ed esigenza di scoperta.

Obiettivi che si riveleranno essenziali per la formazione dello schema motorio e in un certo senso della personalità del loro bambino. Per aiutare il piccolo a compiere i primi passi con disinvoltura, è, dunque, bene lasciargli – per quanto possibile – libertà di movimento evitando il più possibile di prenderlo in braccio.

Gli si può dire che non è possibile perché mamma si è fatta male e per sottolineare il malessere si possono mostrare al bambino i cerotti sulle mani o sulle ginocchia.

Due gli accorgimenti fondamentali in questa fase.

  • Primo: controllarlo senza per questo trasmettergli ansia o preoccupazione.
  • Secondo: adattare alle sue esigenze gli ambienti domestici, dove vive abitualmente, pur lasciandone inalterata l’organizzazione, per evitare che si disorienti.

Ideali, a questo proposito, sono le stanze provviste di moquette o di tappeti con i bordi adeguatamente ‘bloccati’: altrimenti il piccolo potrebbe inciampare.

Non devono essere accessibili al bimbo soprammobili e suppellettili, specie se pesanti o fragili, come piante e vasi di ceramica o di vetro. Fondamentale smussare e coprire gli spigoli, avendo cura di non lasciare alla sua portata il bordo di tovaglie o di tendaggi, a cui sia tentato di aggrapparsi.

Al contrario, deve disporre di una seggiolina o di un tavolino alla sua altezza, che fungano da supporti ai suoi movimenti.

È importante diffondere una serie di appigli alla sua altezza e vigilare su di lui con discrezione, stimolandolo, quando necessario, con richiami visivi e uditivi.

Bisogna avere l’accortezza di lodarlo e rassicurarlo ogni volta che compie dei progressi: nostro figlio deve sentirsi immerso in un’atmosfera fiduciosa, che lo incoraggi ad agire e a conoscere la realtà.

Presenza e “assenza” della mamma

Compiere i primi passi non comporta solo la conquista della propria autosufficienza.

Ma anche la separazione dalla madre che dovrà essere capace di alternare presenza e assenza.

I progressi nel camminare avvengono correttamente se il bambino è stato libero di sperimentare la posizione in piedi e se muove i primi passi con naturalezza appoggiandosi al divano, spingendo le sedie, dirigendosi verso le mani di mamma e papà.

È proprio camminando che si affina tutto il coordinamento vista-udito-piedi-mani.

C’è di più: l’abilità motoria ha anche una componente genetica e si vede in quei bambini che fin dalla nascita hanno maggiore tonicità muscolare, scioltezza nei movimenti, abilità nel compiere i vari cambiamenti posturali. Ma bisogna anche ricordare il collegamento tra lo sviluppo motorio e la relazione con la mamma.

È lei che con il suo atteggiamento incoraggiante dal classico “Bravo, ce l’hai fatta!” allo sguardo di rinforzo, alla partecipazione verso la grande conquista può agevolare la competenza del camminare e poi correre, fare le capriole, lanciare e prendere la palla.

Il pensiero simbolico

Dopo l’anno di vita la mente infantile è concreta, i bambini imparano facendo, toccando, risolvendo problemi, vivendo in diretta le loro esperienze. Ai piccoli piace svolgere attività che colleghino la mente al corpo, come i giochi di movimento, il disegno, il canto, le costruzioni e amano interagire con persone in carne e ossa.educare i bambini 3

Azioni preferite: manipolare, scuotere, mescolare, incastrare forme uguali.

A quest’età un secchiello può diventare una torre, una fortezza, la piscinetta appoggiata sulla spiaggia o su un prato, arricchita di pietre sul fondo e pesciolini di plastica, potrebbe facilmente trasformarsi in un acquario tropicale.

Anche il nascondino, la costruzione di strumenti musicali fai da te, i travasi sono attività molto amate dai bambini e semplici da realizzare con i genitori. A due anni è la curiosità l’elemento più evidente al centro delle attività come accoppiare, classificare e dividere gli oggetti.

I piccoli, a quest’età, collezionano da soli le cose, le mettono insieme cercando un proprio ordine molto personale. Diventa, quindi, un gioco cercare le foglie uguali tra loro, fare file di sassi, conchiglie, mucchietti di rami, nocciole, lamponi o bacche e trasportarle separatamente in contenitori.

Se facciamo delle fotografie durante le vacanze, i bimbi si divertiranno molto ad attaccarle con mamma e papà insieme a conchiglie o penne di gabbiano su grandi fogli, creando un personale puzzle da comporre e scomporre a piacere.

Se durante una passeggiata nostro figlio si sofferma a raccogliere i “reperti” più belli (bastoncini, pezzi di vetro levigati dal mare, pietre piatte, foglie, frutta) noi successivamente possiamo suggerirgli di osservarli chiedendogli: quale è più grande, quale fa il suono più forte, più acuto, più profondo, quale è il più morbido, ruvido, bianco, freddo, resistente?

Far finta di …

Da tre anni in poi i bambini sono progettisti, registi, attori. Alcuni pezzetti di legno diventano posate; acqua di mare, fango, sassi, fili d’erba un ottimo menù.

A quest’età cambia la funzione primaria degli oggetti: se il bambino non ha il lettino per mettere a dormire il suo orsacchiotto, penserà che forse una scatola di cartone va benissimo all’uso.

Il gioco del far finta di… consente di trasformare la realtà favorendo lo sviluppo di quella profondità di pensiero che consente di confrontare, associare e man mano che il tempo passa di imparare a studiare e analizzare criticamente le cose. Compito dei genitori è quello di incoraggiare gli slanci creativi dei loro figli, non frenare l’immaginazione, ma anzi supportarla.

Attraverso i gesti spontanei durante il gioco del far finta di si possono acquisire molte informazioni anche sulla dominanza cerebrale destra o sinistra che porterà nostro figlio a scrivere da mancino o con la mano destra.

Ma soprattutto con questo gioco il bambino si prepara a pensare con la sua testa, a cogliere il significato profondo delle cose.

 

Autore: Marco Masella

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