Bambini che non parlano: il linguaggio e la visione.

  • Postato da: Marco Masella

Mio figlio non parla, è un bimbo molto sveglio ma niente … non vuol parlare! Le uniche parole che dice sono mamma, papà, nonna, palla, pipi ma non in senso compiuto. Cosa posso fare?”

La richiesta di aiuto di Mirella non è dissimile da altre che ho ricevuto recentemente.

I bambini che non parlano, anche dopo aver iniziato a camminare, sono una grande fonte di preoccupazione per una famiglia.

I nostri piccoli si comportano tutti in modo molto diverso: alcuni iniziano a parlare molto precocemente, ma poi tardano a imparare a camminare, altri iniziano velocemente a camminare ma sono più lenti nell’apprendimento del linguaggio, altri ancora (a dire il vero una piccola percentuale) in cui cammino e linguaggio si sviluppano quasi contemporaneamente.

bambini che non parlanoL’ipotesi più plausibile è che quando il cervello impegna tutte le sue energie nel cammino non è in grado di impegnarsi simultaneamente anche nel linguaggio, in quanto sono entrambe due operazioni neurologiche di maturazione fondamentali e che implicano un grosso dispendio di energie.

Normalmente appena il cammino si stabilizza il linguaggio esplode. Il problema assume dimensioni importanti quando il bimbo a quattro anni non emette una sola parola.

L’unico modo per i bambini che non parlano di iniziare a produrre parole, è ascoltare.

Molti dei nostri piccoli, quando sono in movimento, non hanno voglia di ascoltare: è così bello muoversi e giocare. Quando finalmente si fermano sono più disposti ad ascoltare.

Fargli ascoltare una filastrocca è il metodo più semplice per attirare la loro attenzione.

La sua durata non deve superare i due minuti perché nei bimbi piccoli due o tre minuti è la durata massima dell’attenzione uditiva.

Ascoltare va bene, ma non basta. Ci sono bambini che hanno delle difficoltà oggettive di linguaggio e che da soli non riescono a superarle.

È in questi casi che indispensabile l’intervento di un logopedista.

I bambini che non parlano possono risentire di uno scorretto assestamento della lingua causato dai denti e dal ciuccio. Verso i quattro o cinque anni un logopedista può aiutare il piccolo ad aggiustare questi problemi di pronuncia.

Quando il bambino inizia a parlare, in principio produce due o tre suoni significativi, poi due o tre parole e, infine, il vocabolario esplode. Le parole aumentano man mano: all’inizio sono tante parole isolate, quando queste hanno raggiunto un numero abbastanza consistente, cominciano a diventare piccole frasi e, a quel punto, il suo vocabolario si arricchisce sempre più.

Un’ottima maniera di sviluppare il linguaggio per i bambini che non parlano, ma non solo, è quella di raccontare loro delle fiabe.

La fiaba, solitamente, è il modo migliore e più economico per arricchire il vocabolario di un bambino. Leggere le fiabe a un bimbo ha una duplice valenza:

  • la prima è certo quella di ampliarne il vocabolario,
  • la seconda è senza dubbio quella di insegnargli ad ascoltare e guardare contemporaneamente. Si tratta di un’abilità complessa che ha bisogno di molto esercizio per essere assimilata.

A 36 mesi un bambino non ha ancora acquisito la giusta sincronia tra linguaggio e visione, ma è necessario che riesca ad assimilarla prima dei 6 anni, cioè quando lascerà la scuola materna per iniziare la sua esperienza nella scuola elementare.

Un bimbo di sei anni quindi deve essere in grado di parlare ed ascoltare mantenendo l’attenzione visiva.

Un esercizio da fare alla scuola materna, soprattutto con i bambini che non parlano, è quello di pronunciare il nome di oggetti mentre il bambino li guarda.bambini che non parlano 1

Si tratta fondamentalmente di un esercizio di lettura di immagini (primo step).

Il secondo step è quello delle domande. Il piccolo deve guardare un’immagine e rispondere. È l’esercizio che lo prepara alla lettura.

Per valutare l’abilità di lettura di un bambino è importante calcolare il tempo di latenza tra quando guarda e quando risponde.

Se il tempo di latenza arriva a tre secondi, devo pensare ad un ritardo nell’apprendimento del linguaggio. Quindi in questa fase il tempo di latenza tra visione e uso della voce è la prima cosa che un insegnante deve valutare.

Ci sono bambini che non parlano correttamente fino ai quattro anni e mezzo. Questi bambini una volta arrivati in età scolare, faranno fatica a leggere, non perché abbiano problemi di lettura, ma perché etichettano le cose con un certo ritardo.

Alcuni bimbi hanno difficoltà a pronunciare le consonanti, le riconoscono, ma non sanno richiamarne il suono.

Un corretto uso del linguaggio consiste proprio in questo, cioè nel riuscire a recuperare la parola, portarla nell’area del linguaggio, recuperarne il suono e imparare, quindi, a utilizzare la parola stessa.

Quando si presentano le lettere dell’alfabeto ai bambini è necessario farlo molto velocemente: cinque lettere a settimana per tre volte al giorno.

Le lettere devono essere scritte su fogli di carta piuttosto piccoli. Perché devi presentargliele in questo modo? Perché la poca attenzione del bambino va catturata con la velocità. Il bambino fotografa e associa. È proprio la velocità, l’arma a nostra disposizione per riuscire ad ottenere l’attenzione sufficiente a guardare ed ascoltare contemporaneamente. In circa un mese avrà imparato tutte le lettere e sarà in grado di procedere in modo autonomo.

E se ci dovessero essere problemi di scrittura o impugnatura? Allora potrebbero interessarti dei validi consigli al riguardo in questo articolo dove si parla di  problemi di apprendimento!

Autore: Marco Masella

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4 commenti

  • Marco

    I miei gemelli di 5 anni non parlano ma non sanno in silenzio provano a farlo senza farsi capire. Cosa posso fare? Loro ormai da due anni fanno terapia di logopedia e motricità ma con pochi risultati.

    • Non mi sento di dare un consiglio “da esperto” perchè non conosco la situazione.
      Come padre chiederei al logopedista che li sta seguendo – e che dopo due anni immagino abbia già sgombrato il campo da possibili altri problemi – il suo parere sugli scarsi progressi, e forse metterei in conto di cambiare logopedista.

  • Francesca ghiretti

    Onestamente non mi è capitato con i miei due figli